Paola Volpato


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Martina Galuppo


Presentazione mostra -Spazio espositivo municipale Mestre -gruppo ArsMarciana, 3 giugno 2001

Momenti, idee quasi allo stato aereo di un cosmo consistente, segnali tratti da una realtà densa e fitta, quasi magmatica nella sua composizione, come fluido che scorre insinuandosi nelle stratificate origini lontane del pianeta, raccontano e ci partecipano.
Un solo archetipo: la terra che è genesi, generata e generante, che è madre di tutto e madre delle madri, che è materia e origine di nuova materia e intelligenza, che è pianeta del femminile, istanza complessa, ricca di segni occulti e manifesti.
Si, è dalla terra, luogo di congiunzione tra il divino e l'umano, che scaturiscono le creazioni di Paola Volpato. Partendo da questa inscindibile connessione senza la quale nemmeno l'immortalità avrebbe ragione di esistere, l'artista s'accinge a svelare il futuro nella ricerca di un passato alchemico. Nelle sue opere c'è sempre pluridirezionalità mentale e compositiva; simboli e citazioni diventano i valori posti su ascisse e ordinate di un pensiero in continua evoluzione.
La casa, focolare domestico o nàos del divino, compie la propria ascesa decollando verso l'alto. Mantiene la sua sacralità nel volume dalle geometrie architettoniche eisenmaniane. E' mégaron, dimora della donna sovrana, che è dea e mortale, col suo piccolo universo quotidiano che è infinito, mentre sotto forma di sagome vengono rappresentate le specie viventi, come nelle loro ombre si celassero i moti dell'anima. Sono frammenti di piccoli girotondi di carta, madri e figlie accomunate dalla difficoltà di interpretare quel ruolo tanto nobile quanto a volte ingrato nel rocambolesco gioco che è l'esistenza.
L'universo della donna viene raccontato dall'artista mediante molteplici strumenti: la parola scritta, l'onomatopea, la citazione erudita, la semantica del simbolo. L'artista gioca abilmente con una pittura colta, ricca di reminiscenze, dosando citazioni criptiche e manifeste per farle rivivere in nuovi significati. E' così ad esempio che l'aristocratico gesto di una Madonna senese diviene topico, atteggiamento fiero di una femminilità conscia delle proprie virtù e del proprio coraggio, in grado di governare il futuro.
Nel variegato universo di Paola, assume infatti un'aurea del tutto particolare la figura- icona della madre, semidea nella dolcezza dell'offerta della linfa vitale al suo neonato, eroica nella cronaca nei momenti della rivoluzione, oppure frivola col capo piumato eppure mai banale.
A sottolineare la ricercatezza delle composizioni, i materiali. Superfici granulose si alternano a spazi lucidi e oleosi, a brani di collage macchiati di realtà, come i fogli di giornale che si rigirano vorticosamente lungo i polverosi marciapiedi della Quinta Strada, riquadri di tessuto desunto dal quotidiano. Anche la limatura di ferro meticolosamente raccolta e cosparsa sulle superfici, viene nobilitata nel ruolo di filigrana d'oro e d'argento. Tutti questi elementi, e molti altri incisi o disegnati, sopraggiungono dal vissuto e vengono accostati con rigorosa attenzione in un gioco di bilanciamenti d'energie.
Altro aspetto fondamentale è il bestiario, costituito da una sorta di antropomorfismo simbolico. Tra i soggetti più spesso interpellati nei suoi quesiti, il toro, con richiamo al mito cretese della nascita, del conflitto, della mostruosità, il cavallo in corsa che è l'irrazionale istinto, ma anche incarna la turbolenza e il vigore del centauro. Sono elementi cari al racconto mitologico, alla scena di battaglia, tema quest'ultimo congeniale all'artista sin dai suoi esordi.
Una riflessione a parte meritano la rana e l'uccellino.
La rana per l'artista è simbolo primordiale della nascita, legato all'acqua, al tuffo consolatorio nel liquido amniotico dei primordi, allo slancio vitale, alla maternità. L'uccellino, messaggero vitale e a volte ribelle, una sorta di alter ego dell'artista, che appare e scompare quasi a porre dei quesiti, a interrogare sulla vera essenza delle cose. E la ricerca di Paola Volpato va forse oggi in questa direzione.


Martina Galluppo

Venezia, 3.06.01



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